Diventare madre tra luci ed ombre

Pubblicato il 5 settembre 2025 alle ore 18:02

La maternità è una delle esperienze più trasformative della vita psichica di una donna. Non si tratta soltanto di un evento biologico, ma di un passaggio che coinvolge l'intero mondo interno: riattiva memorie infantili, mobilita emozioni intense e pone la donna di fronte a nuovi compiti relazionali ed identitari.

La maternità come trasformazione psichica e il ritorno alle proprie origini

In una prospettiva psicoanalitica, diventare madri significa confrontarsi con una vera e propria riorganizzazione della vita interna: è necessario integrare il nuovo ruolo di madre con i propri bisogni personali, con la relazione di coppia e la propria storia. Questo processo non è lineare e porta con sé momenti di gioia e pienezza, ma anche dubbi, paure e ambivalenze. 

Lo psicoanalista Donald Winnicott parlava di "preoccupazione materna primaria", uno stato particolare, in cui la madre si sintonizza profondamente con il neonato. E' una condizione necessaria, che permette di rispondere ai bisogni del bambino, ma che può anche mettere la madre in contatto con fragilità e parti più vulnerabili di sé.

Inoltre, la nascita di un figlio riattiva inevitabilmente la relazione con le proprie figure genitoriali interne. Ogni madre si confronta con il proprio essere stata figlia, con il modo in cui è stata accudita o meno, con i ricordi consci e inconsci della propria infanzia. In questo senso la maternità è anche sempre un'occasione di rielaborazione del proprio passato: ciò che è stato vissuto può ripresentarsi, talvolta sotto forma di conflitto o di ansia, talvolta come possibilità di riparazione. 

Ambivalenza ed elaborazione

Accanto all'amore e al desiderio di protezione, ogni madre sperimenta inevitabilmente anche emozioni contrastanti: stanchezza, frustrazione, desiderio di spazio personale. Inoltre, il corpo trasformato, le fatiche del parto e l'allattamento possono intensificare i vissuti di vulnerabilità. Ogni nascita porta con sé anche un piccolo lutto per la predita della propria condizione precedente, della libertà individuale, della coppia "a due". 

L'ambivalenza fa parte dell'esperienza materna e il senso di colpa che ne deriva non è un segno d'inadeguatezza, ma l'espressione di un legame vivo e complesso con il bambino. Riconoscere questa ambivalenza permette di non idealizzare la maternità e accoglierla nella sua realtà più autentica. Al tempo stesso, è necessario elaborare le perdite che ha comportato, per accogliere davvero il proprio bambino, senza restare imprigionati nella nostalgia di quello che non c'è più.

Un luogo per pensare il cambiamento 

Talvolta le difficoltà di questo passaggio evolutivo si esprimono in forme cliniche più definite: sentimenti di ansia intensa, depressione post-partum, comportamenti di ritiro o sintomi psico-somatici. Lo spazio psicoterapeutico offre allora un luogo in cui poter dire questi vissuti, spesso taciuti anche per la paura del giudizio. All'interno del contenitore protetto della terapia è possibile narrare e pensare la propria esperienza di maternità, esplorando il rapporto con il proprio bambino, con la propria storia e con il nuovo assetto familiare.

La nascita di un bambino è in fondo sempre anche un'esperienza di rinascita per la madre, un percorso in cui non si smette mai di crescere e cambiare, non per rincorrere un ideale irraggiungibile, ma per riconoscersi in un'esperienza molto umana, complessa e preziosa, fatta di amore, fragilità, conflitti e possibilità.